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5 Ago

Il "mercatino delle pulci" a Poggioreale di Napoli: un mondo a parte. DI VINCENZO PISCICELLI

Volentieri riporto questo articolo di Vincenzo Piscicelli sul  mercatino di Poggioreale che mi ha sempre affascinato.

Il “mercatino delle pulci” a Poggioreale di Napoli: un mondo a parte.

DI VINCENZOPISCICELLI
Una domenica mattina di agosto a Napoli con il sole cocente decido di non andare al mare ma di visitare un luogo storico per i napoletani il “mercato delle pulci” del quartiere Poggioreale. Le strade per arrivarci sembrano un collage di diversi colori di asfalto, con buche e dossi naturali frutto di rattoppi mal eseguiti con contorno laterale di discariche a cielo aperto. Si possono ammirare copertoni di auto, sacchetti di immondizia rotti, pezzi di frigorifero alternati a quelli dei mobili, dei vetri e dei neon. Forse a ben guardare ci sono altre tipologie di rifiuti, forse nessuno li vede. All’inciviltà di chi li ha versati c’è l’assenza di chi deve levare di strada. Di certo la raccolta differenziata non esiste come non esistono i cassonetti.

C’è lo stradone antistante il mercatino che è un megaparcheggio anarchico rigorosamente gestito da parcheggiatori abusivi. Ognuno è attento alla sua zona di controllo ed il cittadino in automatico versa l’obolo della quiete. Il parcheggiatore spesso non apre bocca gli basta la presenza e la mano tesa. Qualche volta il conducente proferisce la parola: quanto? Le auto si intrecciano, si sfiorano, si perdono tra manovre in millimetri quadrati, bancarelle di angurie, di meloni e di pizze fritte. Nell’avvicinarti all’ingresso noti le prime bancarelle di cianfrusaglie con persone dall’occhio aquilino a cercare l’occasione.

All’ingresso del mercato ti accoglie un cancello con un bar dall’odore accattivante di caffè. Leggi i prezzi, sono concorrenziali. Non puoi esimerti dall’assaggiarlo, egregio ed economico rigorosamente servito in bicchierini di carta con commento del barista. Girovaghi tra bancarelle di cose vecchie, usate, dimenticate, antiche, uniche, indispensabili per aggiustare un vecchio elettrodomestico, pezzi di auto, di computer, dvd, cd-rom, telefoni, batterie, libri fuori edizione dal costo di poche lire, versioni originali di autori storici, giornali, gadget, frutta a prezzi “impossibili” 80 centesimi al kg per pesche ed uva, due euro un’anguria intera di vari kg, autoradio, mobili, penne, quaderni, fumetti, strumenti da lavoro, quadri, orologi, prodotti nuovi made in Cina, scarpe, abiti, prodotti per capelli, saponi, profumi, tutto a pochi centesimi. Il prezzo si contratta. Si dialoga, si discute. Si cambia bancarella.

Trovi quello che non ti aspetti. Chiedi da dove vengono i prodotti. Una risata e poche parole ironiche sono la risposta rigorosamente in dialetto. I volti dei venditori sono svegli, reattivi, intelligenti, attenti. L’abilità è unica. Sono professionisti del loro ramo. Le auto sono tutte scassate. Si distinguono per qualcosa di rotto. Vendono a 50 centesimi, un euro, a furfè. Qualcosa costa di più. I prezzi non sono esposti. Gli scontrini non esistono come non esiste un solo registratore di cassa. Le ricevute fiscali assenti come gli scontrini. Il vocio è in dialetto.

La gente cammina, ride, si urta, si ferma, guarda, tocca, commenta, cerca l’affare. C’è la famigliola con il passeggino, ci sono gli amici che passeggiano spensierati, ci sono i furbi che vogliono comprare a nulla per rivendere a tanto. C’è chi scherza. C’è chi prende il caffè. C’è chi mangia il cornetto alla crema con amarene. C’è chi addenta la pizza fritta a portafoglio. C’è chi urla. C’è chi vuole conquistare la bella cliente. C’è chi regala omaggi sui pochi euro di spesa. C’è un mondo popolare che sopravvive nonostante la crisi e riempie le giornate con la fantasia di vendere l’invendibile e di accontentare chi trova quello che in qualsiasi altro negozio non troverebbe mai.

I prezzi sono fuori dal mercato. Lontani da un’idea di commercio legale. Maglie e pantaloni ad un euro. Tre lampadine a consumo ridotto ad un euro. Spine elettriche dichiarate inidonee le trovi tranquillamente. In questo mercato c’è tutto ed il contrario di tutto. Manca lo Stato quello che controlla, regolarizza, legalizza e fa pagare le tasse a loro come a noi dipendenti.

Piscicelli Vincenzo

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